03/10/13

Lampedusa e il senso della vita


 A Lampedusa ci sono stata per la prima volta nel 1998, in vacanza. Ho scoperto un posto selvaggio e meraviglioso, con un grande cuore e un'anima immensa, immersi in un mare splendido. Ma più che il mare a colpirmi fu l'aria che si respirava: un'aria limpida, pura, fatta di dignità, sensibilità, empatia, compassione, solidarietà. Parole che anche allora suonavano obsolete ma che ancora oggi contengono il senso della vita. Una vita che ha sempre meno valore in un mondo – e in un paese – dominato (allora come oggi) dagli interessi personali, dalla smania di potere, dalla ricerca smodata e smisurata del denaro in nome del quale si consumano le nefandezze più disgustose e si perdono di vista i motivi per cui valga davvero la pena viverla questa vita. Lampedusa, anche allora, era una goccia nell'oceano, un'oasi di umanità dove chiunque era accolto a braccia aperte, curato e sfamato con quel poco che ognuno aveva e che metteva a disposizione per il bene di tutti. Senza enfasi, senza clamore, senza proclami, con la naturalezza della spontaneità che da normalità si è trasformata, in un mondo marcio, in eclatante eccezionalità. Allora i lampedusani mi sono entrati nel cuore, e oggi – più di ieri – li porto dentro di me come un esempio da tenere sempre a mente, e da seguire in qualsiasi circostanza: perché la loro infinita generosità, il loro grande cuore e la loro immensa anima mi ricordano in ogni istante quale sia il senso della vita.

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