13/01/10

L'Italia piccola, provinciale e ripiegata su se stessa


LA PRIMA COSA BELLA di Paolo Virzì
Con Stefania Sandrelli, Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi, Micaela Ramazzotti, Marco Messeri

Bravissimi gli attori, tutti. A cominciare da una sorprendente Micaela Ramazzotti, eccellente nell’interpretare la classica bellona della provincia italiana, totalmente devota ai suoi “bimbi belli” e al marito violento (che non esita però a lasciare per inseguire il suo pezzetto di sogno), impacciata e rispettosa, ingenua e passionale al tempo stesso. E poi c’è un’altrettanto brava Stefania Sandrelli, ovvero Micaela in età matura, alle prese col male più brutto e più comune della terra e impegnata suo malgrado a fare i conti col suo passato e con la sua vita. E ancora Valerio Mastandrea e Claudia Pandolfi, fratelli nel film, perfetti nei loro rispettivi ruoli. Il primo, professore d’italiano pieno di turbe, di insoddisfazioni e di ansie, che fugge a Milano pur di dimenticare, provarci almeno, il suo passato, la seconda, piena di paure, di ricordi e di senso del dovere. Anche lei, sufficientemente insoddisfatta. “La prima cosa bella”, il nuovo film diretto da Paolo Virzì ruota tutto intorno ai ricordi, alle ansie, alle turbe, alle insoddisfazioni e ai doveri dei vari protagonisti. E’ un film di rinunce, di sacrifici, di frustrazioni, di cose non dette e di altre appena sussurrate, di gelosie malvissute e mai superate, di piccole invidie e di grandi rancori. E’ il ritratto dell’Italia degli anni ’60, quella però della piccola provincia che si contrapponeva a quella della Dolce Vita romana. Dolce Vita che inevitabilmente entra nel film con la citazione di uno dei film più celebri di Dino Risi (“La moglie del prete”, girato proprio a Castiglioncello in quegli anni) che Virzì riprende e utilizza in scena per rendere vivo il sogno di Anna, ovvero quello di fare il cinema anche come semplice figurante. E’ l’Italia delle canzonette piene di parole d’amore e di speranza, e non a caso il film s’intitola come una delle canzoni di maggior successo dell’epoca. Allora la cantava Nicola Di Bari, che l’ha anche scritta, oggi la intepreta Malika Ayane con la sua voce suadente e raffinata.
E’ soprattutto un film che racconta la storia di una famiglia, di una madre che lotta contro tutto e contro tutti, ma soprattutto contro la vita e contro la morte, per difendere i suoi figli, per crescerli e vederli felici, intuendo lei per prima (nonostante la sua semplicità) i disagi di quei due bambini un po’ chiusi e introversi diventati nel frattempo due adulti frustrati. Che si libereranno delle loro ansie e delle loro frustrazioni solo quando la mamma li lascerà per sempre. Solo allora avranno la forza e lo stimolo per lasciarsi andare, ognuno verso la propria felicità. Facendo anche scelte spiazzanti. Il film è una sorta di ode alla mamma italiana, da sempre pilastro della famiglia, elemento portante e aggregante. Un’ode che diventa inno quando la malattia prende il sopravvento e riunisce tutti sotto lo stesso tetto, lo stesso peraltro dell’inizio del film. Cupo e malinconico proprio come il suo protagonista maschile (Bruno, alias Mastandrea), il film è a tratti commovente, a tratti lento, a tratti anche un po’ noioso. E’ un salto nel passato, un confronto col presente, una storia autentica che pesca forse nel biografico del regista, forse nelle storie dei suoi amici. Non fosse altro che per l’ambientazione (Livorno città natale di Virzì) e per la cadenza toscana che tutti gli interpreti hanno. E se non stupiscono la Sandrelli e Marco Messeri che da quelle parti ci sono nati, sorprendono Micaela Ramazzotti, Claudia Pandolfi e Valerio Mastandrea che da romani d.o.c. parlano con un perfetto accento livornese. Una piccola rivincita di Mastandrea che più di una volta in passato ha detto: “Se poi la smettessero di farmi recitare solo in romanesco qualcuno si accorgerebbe che so e posso fare anche altri ruoli...”
Peccato che in un’Italia sempre piu piccola, provinciale e ripiegata su se stessa, anche Virzì si metta a fare film piccoli, provinciali e ripiegati su se stessi.

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