05/11/09

LO SPAZIO BIANCO

Ho visto Lo Spazio Bianco, di Francesca Comencini. Un film sull'attesa, sulla solitudine, sull'egoismo, sulla solidarietà, sulla speranza. Un film bellissimo, intenso e poetico come forse solo le donne sanno fare. Bellissima la regia della Comencini, straordinaria l'interpretazione di Margherita Buy. Tutti gli altri sono dei comprimari, descritti attraverso i loro gesti, le loro parole e soprattutto i loro vestiti. E si capisce di più da come si vestono chi sono in realtà, che dalle loro azioni. Ottimo il lavoro delle costumiste che disegnano perfettamente i singoli personaggi anche con pochi indumenti o piccoli particolari. Fin dalla prima scena si capisce che la vita di Maria è fatta di delusioni, abbandoni, attese, solitudine, speranza. E lo si capisce anche dall'abito che indossa e dal nastrino di velluto che vezzosamente si è messa intorno al collo per andare a ballare, da sola. Balla da sola ma quel laccetto così delicato e vistoso al tempo stesso potrebbe dischiuderle le porte del paradiso. O di quello che lei crede che lo sia.
Una storia "sentita" da regista e protagonista, così tanto che si ha quasi l'impressione, da spettatore, di entrare nel loro mondo, quasi fossi un invadente ficcanaso. Poi man mano che scorrono le immagini ti accorgi che quella potrebbe essere la tua di storia. E allora cominci ad entrare nella vita di Maria (Margherita Buy) e ti cali nei suoi panni, ti senti lei. Capisci che anche tu sei in perenne attesa. Che qualcosa inizi, o che finisca. Capisci che se ti guardi intorno di solitudine ne vedi tanta, tantissima, e forse ti senti meno solo. Capisci che anche di egoismo ce n'è tanto, tantissimo e provi orrore e compassione. Capisci che però anche la solidarietà è lì dietro l'angolo, più di quanta tu posa immaginare, perché ti arrriva da chi non te lo aspetti. Eppure c'è, ed è tanta, tantissima. E provi gioia e sollievo. In un'alternarsi di emozioni che ti prendono dall'inizio alla fine del film: da quando Maria balla sulle note di "Call Me" dei Blondie, ai titoli di coda. Potenza delle belle storie, delle belle immagini, del bel cinema. Ti emozioni e ti commuovi come se assistessi alla storia della tua migliore amica o alla tua. Cominici a pensare anche tu che la speranza possa essere l'unica via per uscire dal tunnel, o quantomeno che sia indispensabile per sopportare l'attesa, la solitudine, l'egoismo e per trovare la solidarietà. Una delle frasi che ricorrono più spesso è "Aspetto che mia figlia nasca, o muoia", e il film è tutto giocato sulla sottilissima linea che separa la vita dalla morte. Una linea invisibile che demarca e determina non soltanto la nostra vita ma anche quella di chi ci sta intorno.

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