E alla fine, il nuovo
disco dei Placebo - Loud like
love - è un bell'album. Sì, decisamente: bello, intenso,
suonato benissimo e con la voce possente e delicata al tempo stesso
di Brian Molko. Forse, inconsciamente, li avevo sottovalutati un po',
perché istintivamente li consideravo troppo distanti (e di fatto lo
sono) dal mainstram rock americano, quello che ho sempre amato
e che continuo a preferire. Però le sonorità dei Placebo colpiscono
al primo ascolto, anche a distanza di anni dal loro esordio, datato
1996. Questo disco, sentito all'inizio quasi distrattamente, in
realtà ti inchioda allo stereo e ti costringe ad un ascolto più
attento e approfondito. Dentro c'è tutto: c'è il ritmo, ci sono i
suoni, c'è la tecnica, c'è la voce, c'è il rock. E ci sono i
testi, mai banali e ripetitivi. Perché si può parlare d'amore, in
tutte le sue forme e in tutte le sue declinazioni, senza scadere
nella retorica e nella superficialità. E' ciò che fa Brian Molko, e
lo fa ottimamente anche sfruttando al meglio tutte le potenzialità
della sua voce, che non sono pochissime. Insomma, con questo disco
(ri)scopro un grande gruppo ma soprattutto mi riconcilio con il rock
inglese che – alla fine – ha un suo grande, grosso, immenso
perché...
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