04/11/15

Tutto un altro Bruce…

Di cover di Springsteen ne abbiamo sentite a migliaia: tributi, versioni in italiano, addirittura ninna-nanne ma stavolta l’operazione è veramente molto, molto interessante. Parlo di “Bruised Arms & Broken Rhythm”, album realizzato dalla cantante svedese Moa Holmsten (già voce e front-woman della band heavy metal Meldrum) con la collaborazione di Tony Naima. Un disco che presenta 14 brani del Boss (più la bonus track “Born In The USA”), completamente rivisitati dal duo svedese. E già il titolo scelto, bellissimo, la dice lunga su ciò che andremo a sentire. Tutto è partito nel 2013 quando Moa e Tony sono entrati in studio per registrare una versione di “Badlands” a dir poco inusuale ma molto interessante e – soprattutto – originale. I due artisti si sono talmente divertiti a lavorare su questa cover  che hanno ripetuto l’esperimento con altri brani del Boss, scegliendo anche pezzi poco noti al grandissimo pubblico, come “Lift Me Up”“Highway 29”“Streets Of Fire”“State Trooper”. Ma è l’insieme dell’album che risulta essere un’operazione di grande creatività artistica da parte di due musicisti e compositori che oltretutto – e qui forse sta il punto più interessante –  non sono fan sfegatati del Boss.
Abbiamo sempre avuto un grande rispetto per Bruce Springsteen – ha detto Moa – ma credo che proprio il fatto di non essere dei fans della primissima ora sia stato fondamentale per lanciarci in questa impresa: potevamo scoprire canzoni nuove o riscoprire brani più vecchi e lavorarci da una prospettiva assolutamente nuova e unica. Abbiamo avuto la possibilità di essere coraggiosi senza essere condizionati dall’emozione o da presunte aspettative. Ci siamo sentiti completamente liberi di interpretare a modo nostro i suoi pezzi”.

E infatti le versioni di Moa Holmsten, che peraltro gode anche di una bella voce potente e sensuale al tempo stesso, risultano senza dubbio   quanto di più originale sentito negli ultimi anni a proposito di cover Springsteeniane.
Fare questo disco è stato come quando ti innamori di una persona, quando inizi a conoscerla per la prima volta e muovi  i primi passi un po’ tentennando. Hai di fronte una persona che ha un passato e una sua storia e l’ultima cosa che vuoi, è sentire gli altri che ti dicono che tipo sia. Tu lo vuoi scoprire da sola, vuoi vedere un  lato che nessun altro ha mai visto. Per questo – ha continuato l’artista di Stoccolma – mi sono rifiutata con tutte le mie  forze di leggere articoli, libri e interviste di Springsteen. Volevo scoprirlo per conto mio, e dare la mia personalissima visione di una icona Americana, non la sua interpretazione standard. Questo è senza ombra dubbio,  il modo in cui le canzoni di Springsteen mi hanno parlato. Il nostro rapporto è progredito lentamente e adesso sono totalmente innamorata di lui. Spero che la cosa sia reciproca…“.
Moa Holmsten nell’agosto scorso si è anche esibita a New York e dintorni: il 19 è stata al Delancey nel Lower East Side di Manhattan, il 20 al The Saint di Asbury Park e il 21 al Living Room di Williamsburg (Brooklyn), ma non sappiamo se abbia incontrato o meno Bruce, che forse in quel periodo era in vacanza da qualche parte nel mondo. Chissà… Magari si sarà nascosto dietro uno dei suoi cappelli da baseball e un paio di occhiali da sole per scoprire l’ennesima interpretazione della sua musica. Questa volta però si sarà sorpreso anche lui perché Moa ha fatto un lavoro davvero imprevedibile. Andatevi a sentire la versione (ruvidissima ma da brividi)  di “Incident on 57th Street”, cantata quasi tutta a cappella per poi esplodere nel finale, o la già citata “Badlands” che non era mai stata cantata così, oppure la delicatissima versione di “Born To Run”, o la romanticissima “Tougher Than The Rest” cantatata con tutto un altro ritmo e un altro arrangiamento, e un assolo di chitarra che riecheggia, seppur in parte, l’anima metal del duo svedese (anche se nel video  l’assolo è sfumato). Ma sarebbe ingiusto non menzionare anche le altre canzoni perché tutte le cover firmate da Moa Holmsten e Tony Naima hanno quell’impronta nordica a tratti cupa, a tratti glaciale, ma decisamente affascinante e all’avanguardia. Del resto – come diceva Prince, genio assoluto della musica contemporanea – le cover hanno senso solo se stravolgi completamente il brano che reinterpreti, perché se devi rifarlo uguale, tanto vale non perdere tempo perché l’originale già c’è e sarà sempre meglio.
Questa la tracklist di “Bruised Arms & Broken Rhythm”:

  1. Highway 29
  2. Danicing In The Dark
  3. The River
  4. Sad Eyes
  5. Badlands
  6. Born To Run
  7. Soul Driver
  8. State Trooper
  9. Lift Me Up
  10. We Take Care Of Our Own
  11. Incident on 57th Street
  12. Streets Of Fire
  13. Tougher Than The Rest
  14. You’re Missing
  15. Born In The U.S.A. (Bonus Track)


https://www.youtube.com/watch?v=bhtXlREbnHQ

02/07/15

ERRARE E' UMANO... CHIEDERE SCUSA DA SIGNORE


Alcuni mesi fa ebbi modo di lamentarmi e di scrivere un post alquanto velenoso sul mio blog (patriziaderossi.blogspot.it)  sul disservizio di Enjoy, il servizio carsharing di Eni. Mi rivolsi poi – da giornalista quale sono – con una mail altrettanto velenosa all’ufficio stampa e, con mia grande sorpresa (lo ammetto) mi sono trovata di fronte un’efficienza svizzera (diciamo così) e una persona (Daniele Chieffi, responsabile delle Relazioni Esterne) davvero squisita che non solo mi ha spiegato nei minimi dettagli le ragioni dei disservizio – perfino scusandosene – ma ha anche risolto in brevissimo tempo un problema che si era venuto a creare nel frattempo.
Insomma, dopo averli criticati tanto (a ragione), altrettanto a ragione ne devo parlare bene adesso: hanno dimostrato di sapere riconoscere i propri errori (cosa rarissima in Italia), di risolvere i problemi e di migliorare il servizio. Faccio quindi la mia personalissima retromarcia,  e i complimenti a Enjoy, che riprenderò ad utilizzare con piacere e frequenza. In particolare, però,  PUBBLICIZZERÒ IN POSITIVO – QUANT PIU' MI SARÀ POSSIBILE IL SERVIZIO ENJOY.

29/05/15

In onore di Pete Townshend

Mentre si rincorrono, sempre più insistentemente, le voci su una prossima uscita discografica nell’estate 2015 (che riportiamo per dovere di cronaca), Bruce si gode New York e le sue mille luci. Dopo essere salito sul palco di “A Night To Remember” (evento a scopo benefico di cui abbiamo già scritto) il 16 maggio scorso, Bruce ha di nuovo imbracciato la sua storica chitarra per rendere omaggio ad un altro grandissimo personaggio della musica rock: Pete Townshend, anima e fondatore degli Who. E’ accaduto il 28 maggio al Best Buy Theater di Times Square in occasione del MusiCares Map Fund Concert. MusiCares è l’organizzazione che da anni in America sostiene gli artisti che necessitano di cure, assistenza e ricoveri, indipendentemente dalla loro condizione economica. Quest’anno gli onori sono stati tutti per Pete Townshend (che in passato ha avuto problemi di alcolismo e di droga) e per lo storico manager della band inglese Bill Curbishley, da anni impegnati con grande sensibilità e generosità nella causa. Bruce – prima di unirsi a Roger Daltrey e allo stesso Townshend per una strepitosa versione di My Generation, ha definito il leader degli Who “Il più grande chitarrista ritmico di tutti i tempi”. Poi si è lanciato in un discorso a tratti esilarante:
“Quello degli Who è stato il mio primo concerto rock, visto alla fine degli anni ’60. Per loro era la prima tournée in America. Io avevo 16 e la faccia piena di brufoli. Tutto quello che sapevo era che in qualche modo quella musica e la potenza distruttiva di quegli strumenti perfetti mi riempivano di una gioia incredibile. Gli Who sono stati la mia prima fonte di ispirazione, soprattutto in un concerto per il ballo di fine anno  con la mia prima band, i Castiles, che facemmo nel piano interrato della St.Rose of Lima, che era una scuola cattolica: comprai una bomba fumogena e una luce stroboscopica e le portai al concerto. Alla fine della serata accesi sia la bomba che il faro stroboscopico nel seminterrato della scuola e mi arrampicai in cima al mio amplificatore tenendo in mano un vaso di fiori che avevo rubato da qualche classe del piano di sopra. Quando la suora mi ha guardato inorridita, ho alzato le  braccia al cielo e ho lanciato  il vaso sulla pista da ballo spaccandolo in mille pezzi!”.
Springsteen ha poi continuato il suo discorso facendo un’investitura totale al suo collega inglese:
“Pete, sono qui stasera per farti le mie congratulazioni, davvero meritate. E per ringraziarti non soltanto per dischi come ‘Who’s Next’ o ‘Who are you’, ma soprattutto per quello che sono io oggi”.
La serata si è conclusa con una grandissima versione di Won’t Get Fooled Again che ha visto sul palco, oltre a Roger Daltrey Pete Townshend e Bruce Springsteen, anche Billy Idol, Joan Jett, Willie Nile, e mandato in visibilio i 2.000 (fortunatissimi) spettatori presenti.
Cose che solo a New York City accadono…


Billy Idol, Roger Daltrey, Bruce Springsteen, Willie Nile, Pete Townshend

08/05/15

Oh, io c'ero!


Ai concerti in Italia ormai la (maggior parte della) gente ci va non per ascoltare musica, vedere uno spettacolo, divertirsi, emozionarsi. No. Ci va per poter dire agli amici, ma soprattutto allo sconosciuto popolo della rete, 'Oh, io c'ero!'.
Non è più importante condividere la gioia della musica. No. È fondamentale condividere l'immagine istantaneamente. Una miriade di schermi di telefoni e tablet rivolti verso il palco per immortalare e ri-trasmettere immediatamente al mondo quello che tu credi di vedere. Tu non guardi più il palco, tu guardi lo schermo del cellulare per poter dimostrare a tutti che stavi veramente lì. Peccato che così però ti  perdi tutta l'essenza del concerto.
È successo la scorsa settimana ai concerti di Ligabue, è successo ieri sera allo show di Gianna Nannini che non cantava così bene da anni. Una performance di altissimo livello. Peccato che la (maggior parte della) gente non sene sia neanche accorta, perché era talmente impegnata a guardare lo schermino, mandare messaggi, postare immagini, da dimenticarsi di sentire il concerto.
Il rock è passione, coinvolgimento, liberazione. Il rock va vissuto con la forza dell'anima e il sudore dell'emozione. Il rock è immediato, non mediato da un cellulare o da un tablet. Il rock è vita vissuta, è sogno da realizzare, è speranza. Ma questo passa in secondo piano, anzi dietro a un minuscolo vetro che vorrebbe - e alla fine ci riesce pure -sostituirsi al tuo occhio.
Il risultato è un pubblico molle e distratto che – eccezion fatta per i fedelissimi sotto al palco –non si fa più toccare dalla musica. Sì, canta pure tutte le canzoni, ma lo fa come lo far la mattina sotto alla doccia, come un riflesso condizionato. Non le ascolta, non le vive, le rimanda solo all'esterno, a chi non è lì, solo per poter dire 'Oh, io c'ero'. E anche chi sta sul palco se ne accorge.
È il segno dei tempi, il riflesso della società in cui viviamo dove non conta uscire con gli amici per ridere e scherzare, parlare e discutere, ma fare la lista di quanti ne hai su facebook; dove non è importante guardare una persona negli occhi per capire se la ami ma elencare le persone con cui hai chattato in rete per poi poterci uscire al massimo tre volte; dove non esiste più il confronto – e il contrasto – con gli altri, ma vale solo il numero di like che riesci a totalizzare quando pubblichi un post, che spesso è una frase del tuo cantante preferito. Quello stesso cantante che magari la sera prima sei andato a vedere ma che non hai “sentito” perché dovevi guardare il tuo cellulare.

Ecco, a me piacerebbe davvero tanto che uno di questi artisti facesse un gesto estremo, rivoluzionario e davvero rock. Quale? Invitare la (maggior parte della) gente a mettere via telefonini e tablet, per godersi finalmente il concerto, la musica, le parole, la compagnia e la gente che hanno intorno, mostrandogli - per una volta - tutta la loro aridità.

09/04/15

Se le canzoni diventano “graphic novel”

Era già successo qualche mese fa, a novembre 2014, con Outlaw Pete: una canzone di Bruce Springsteen trasformata in un graphic novel. La Simon & Schuster, infatti,  aveva pubblicato il libro illustrato della canzone che apre l’album Working on a Dream  con i disegni di Frank Caruso e testo, ovviamente, del Boss. L’operazione è riuscita talmente bene, che la casa editrice americana ha deciso di pubblicare un’altra canzone di Bruce, sempre illustrata da Caruso. Il brano questa volta è uno dei più diretti ed espliciti (tanto da sconfinare addirittura nel volgare) tra tutti quelli scritti da Springsteen. Si tratta di Reno, che fa parte dell’album Devils and Dust (2005) e che per primo, tra le canzoni di Bruce,  ha avuto il bollino del Parental Advisory (che sarebbe a dire che il linguaggio usato è alquanto forte).
La storia è quella di un uomo che si ritrova con una puttana in una stanza d’albergo di Reno, città del Nevada famosa per i suoi casinò, per i suoi divorzi lampo e perché la prostituzione è legale. Il protagonista è perplesso e distratto, non fa che pensare alla sua ex donna dalla quale – probabilmente – ha appena divorziato e di cui è ancora innamorato. Il rapporto che consuma con questa sconosciuta, che come prima cosa gli ha snocciolato un bel tariffario,  non fa che accrescere il suo dolore, la sua amarezza, il suo disorientamento.
Di sicuro – ha detto Bruce parlando di Reno in versione fumetto – non è una storia per bambini. E’ un libro illustrato, ma non esattamente un libro per ragazzi. Io credo fermamente che i ragazzi siano più evoluti di quello che noi adulti crediamo però lo dico sempre … caveat emptor (è un rischio del compratore, nda).
Credo che Reno – ha commentato invece Frank Caruso – venga giudicata in maniera un po’ ingiusta, perché la gente si concentra tutta sul sesso e sugli aspetti sordidi della vicenda. Invece lavorare su questo testo ha dato a Bruce e a me la possibilità di focalizzare l’attenzione su quanto questa storia sia di per sé commovente, sul pathos e sulla bellezza delle parole, sull’interiorità del protagonista. Poi certo, la faccenda dei 250 dollari rimane… Ma Bruce è così: ha questa capacità straordinaria di portarci dal Paradiso alle fogne e viceversa in un’unica canzone“.
Reno in versione graphic novel uscirà a maggio e l’attesa è già molto alta. A seguire si parla di Long Time Comin’, previsto per l’estate 2015, e Pilgrim in the Temple of Love a Natale. Nel mezzo ci potrebbe essere anche Queen of the Supermarket,  praticamente  già pronto nella testa di Caruso con una protagonista che le fattezze a metà tra Betty Boop e Jessica Rabbit…
P.S. Per chi non conoscesse bene l’inglese, ecco il testo tradotto in italiano di Reno:

https://www.youtube.com/watch?v=Pq3jvaQVw34